Parole ed empatia: ciò che (non) comunichiamo

Taciute, sussurrate, urlate, sognate e a volte sbagliate: le parole sono il motore dell’esistenza umana. Ogni rapporto umano è veicolo di scambi, valori e significati, ma guai ad usare le parole senza la giusta empatia.

Uno dei problemi tra interlocutori è la comprensione o il fraintendimento delle parole usate da uno o più parlanti. In quest’epoca ricca di connessioni e poca empatia, sembrano aumentare le barriere. L’empatia è l’eccezionale capacità con cui ci sintonizziamo con i sentimenti e le intenzioni altrui. Ha una potenza straordinaria e, se utilizzata con il giusto senso delle parole, porta a risultati eccellenti che durano nel tempo.

Si sa che le persone fortemente sensibili sono per natura anche molto empatiche, sanno carpire stati d’animo e sentimenti altrui fino ad addossarsene le problematiche. L’empatia è sicuramente una parte indispensabile dell’intelligenza emotiva e sviluppare la sensibilità empatica non può che migliorare i rapporti interpersonali. Questo strana capacità emotiva non è percepita da chiunque come un punto di forza, anzi, alcuni credono che essere empatici sia sinonimo di sofferenza, come se si trattasse di un contagio emotivo tramite cui si vive il dolore altrui. Essere empatici è una dote che permette di entrare in contatto con il senso vero delle parole e permette di trovare la giusta dimensione alle parole che racchiudono i pensieri.

Lo scrittore dall’animo oscuro Edgar Allan Poe sosteneva che: “Le parole non hanno alcun potere di impressionare la mente senza lo squisito orrore della loro realtà”. Le parole empatiche permettono di innalzare la comunicazione ad un livello superiore e più evoluto, non lasciamo che l’insensibilità rubi il giusto peso ai pensieri. Parliamo di più, ascoltiamo di più.