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Kandinsky: la comunicazione attraverso il colore

Da sempre l’arte e i colori appartengono alla vita degli uomini. Inevitabile sfuggire al fascino di tutte quelle sfumature che gli artisti riversano sulle loro tele oppure non cedere al caldo conforto dei colori. L’ arte è vita! Sfiora con eleganza e guarisce i punti più impensabili del nostro animo. Sconvolge ciò che è calmo e spiega l’immateriale.

E’ il 1910 quando Wassily Kandisnky compone “Lo Spirituale nell’Arte”, un testo filosofico in cui non si ha per oggetto l’Arte, ma la spiritualità. Kandinsky si pone come il profeta di un nuovo movimento, un’arte che sa rappresentare il mondo intangibile dell’interiorità. I primi anni del Novecento segnano senza dubbio l’inizio di una svolta culturale e il pittore russo con il suo sguardo visionario, vi legge l’avvento di una nuova epoca spirituale, destinata a nascere attraverso la pittura, la musica e la poesia. E’ un momento storico in cui l’uomo contemporaneo sente la necessità di aggrapparsi all’interiorità della propria anima.

Per poter ricercare l’interiorità, Kandinsky sostiene che il perno su cui far leva è l’affrancamento dal dato naturale e il primo passo è la tendenza all’antinaturalismo. La pittura deve prendere come modello l’arte più indipendente della natura, quella più intangibile per eccellenza: la musica. Nelle pagine dedicate alla ”metafisica del colore” Wassily Kandinsky dimostra tutta l’originalità della sua poetica.

Sull’anima agisce anche la magia dei colori e necessaria diviene la classificazione di essi in caldi e freddi: i colori caldi sembrano avvolgere lo spettatore, mentre quelli freddi lo respingono. Fra i colori primari, Kandinsky pone l’attenzione sulla coppia oppositiva giallo-blu, amata da Van Gogh. Da grande teorico, lascia ai colori primari il ruolo principale, regalandoci accenti purissimi di giallo, di rosso e di blu, ma non cade nel banale accostando anche sfumature rosa e azzurre che alleggeriscono le sue composizioni e le rendono spesso così facili da riconoscere.

Il giallo è il colore della terra e della superficie, il blu del cielo e della profondità. Se il giallo ha il suono di un acuto, l’azzurro è come un flauto e il blu ha la voce di un violoncello. Il bianco è la quiete silenziosa, l’immobilità ricca di potenziali, il nulla che sta prima di ogni origine. Viceversa, il nero è come un nulla senza alcuna possibilità, il silenzio del congedo dalla vita. Come affermava anche Sant’Agostino, paragonando il nero al male come l’informe assenza di luce. Così, le infinite combinazioni di colori e il numero infinito delle forme costituiscono l’inesauribilità dell’arte figurativa, rendendo possibile sempre nuove “sinfonie pittoriche”.

Le composizioni di Kandinsky non sono statiche, raccontano delle storie nelle quali chi osserva, diviene protagonista: le figure e gli avvenimenti sono attirati magneticamente verso un punto preciso, in un eterno movimento che non è frenetico ma diviene vivo ed imperituro. Le sue opere spesso non seguono il potere del calcolo razionale, ma riescono a prendere forma attraverso gli occhi dell’anima di chi le osserva.

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